Un articolo di Beatrice Ruggiero
Nell’immaginario collettivo le città sono agglomerati di strade, palazzi, edifici, talvolta grattacieli, in cui il verde non è di certo il colore predominante che risalta all’occhio.
Questa visione purtroppo corrisponde spesso al vero. La massiccia urbanizzazione e la necessità di rendere le città centri nevralgici di scambi relazionali e non, hanno fatto sì che le aree verdeggianti e gli spazi naturali venissero sempre più ridotti all’osso.
Se pensiamo all’Italia, gli spazi verdi che ci vengono in mente si riducono, più o meno ovunque, a qualche sporadico parco qua e là. È vero, in alcune località la situazione è migliore, ma in generale si può fare meglio1. Ripopolare le città di viali alberati, aiuole e parchi rigogliosi le renderebbe più gradevoli e accoglienti, oltre ad ampliare l’offerta di luoghi di aggregazione sociale. Ma quella del verde urbano non è una questione che riguarda solo questi due aspetti.
Da sempre trascorrere i mesi estivi nelle città rappresenta una grande sfida a causa delle alte temperature. Le distese di cemento e asfalto, data la loro capacità di trattenere la luce del sole e rilasciarla in maniera molto lenta, fanno sì che si creino le cosiddette “isole di calore”. Si tratta di microclimi roventi e afosi, che rendono i centri urbani impraticabili, specialmente durante le ore centrali del giorno. Negli ultimi anni, durante i quali le temperature globali stanno salendo sempre di più alla luce delle ingenti quantità di gas climalteranti che quotidianamente immettiamo nella stratosfera, questo fenomeno colpisce in maniera ancora più evidente e brutale. Lo testimonia il numero sempre crescente di morti per il caldo eccezionale che viene registrato di anno in anno. L’estate del 2023 è stata la più calda mai registrata in Italia, e come denunciato da scienziati e organizzazioni internazionali, la prossima plausibilmente batterà questo record.
Le città vivono quindi un grande paradosso: se da un lato rappresentano nuclei imprescindibili per l’integrità del nostro tessuto economico, culturale e sociale, dall’altro il modo in cui sono concepite e strutturate minaccia la qualità della vita di coloro che le abitano e vi transitano. L’inquinamento provocato dal massivo uso di automobili e dal grande dispendio energetico delle industrie e dal consumo domestico non fanno altro che amplificare gli effetti negativi della crisi climatica, oltre ad alimentare il calore che inglobano le città stesse.
Come possiamo mitigare questa tendenza ed evitare che i centri abitati diventino sempre più roventi e invivibili?
Il verde urbano può ricoprire in tal senso un ruolo chiave. Tra le tante funzioni benefiche che sono in grado di svolgere alberi e piante, attraverso il proprio ciclo biologico, che assorbe CO2 e rilascia O2, favoriscono la microregolazione del clima, contrastando così l’innalzamento delle temperature, riducendo il livello di inquinamento e garantendo refrigerio grazie all’ombreggiamento delle loro chiome e all’evapotraspirazione.
Negli ultimi anni si è iniziato infatti a parlare di (ri)forestazione urbana, termine che racchiude una serie di interventi che hanno l’obiettivo di moltiplicare quanto più possibile il verde urbano e periurbano attraverso la creazione di nuovi parchi e giardini, la protezione o la bonifica di quelli già esistenti e la realizzazione di reti di corridoi verdi (come viali alberati) che connettano diversi punti della città. Ripensare una città in questo senso significa lasciare che il verde permei qualsiasi superficie disponibile: dai tetti per trasformarli in prati e orti urbani, alle pareti degli edifici per realizzare boschi verticali e facciate verdi. In Italia, due progetti virtuosi sono Forestami, che prevede la messa a dimora di 3 milioni di alberi entro il 2030 nella Città metropolitana di Milano, con l’obiettivo di far crescere il capitale naturale, pulire l’aria e contrastare gli effetti del cambiamento climatico, e KilometroVerdeParma, progetto concepito per creare un corridoio alberato lungo l’autostrada A1, al fine di riqualificare l’ambiente di uno dei tratti autostradali più trafficati d’Europa.
Ecco quindi che le sfide della crisi climatica, comunemente viste come una terribile spada di Damocle che pende sulle nostre teste, ci offrono in realtà un’incredibile opportunità per ripensare il nostro modello di abitare il pianeta, e di convogliare gli sforzi politici, economici e finanziari verso una transizione sostenibile, giusta, inclusiva, che metta al centro l’ecosistema ecologico e che ristabilisca un sano equilibrio tra uomo e natura, partendo anche dalle città.
Beatrice Ruggiero è una giovane neolaureata in Economia e Sviluppo Sostenibile, appassionata di sostenibilità a 360° e attivista nel transistor di Milano.
- Secondo l’Istat, Trento è al primo posto con 401,5 metri quadrati di verde per abitante, seguita da Matera e Potenza. Genova e L’Aquila sono ultime in classifica con 5.9 mq a testa. ↩︎